1 CD - 433 329-2 - (p) 1991

GUSTAV MAHLER (1860-1911)






Symphony No. 5 in C sharp minor
69' 29"
- 1. Trauermarsch. In gemessenem Schritt 12' 35"

- 2. Stürmisch bewegt 14' 30"

- 3. Scherzo. Kräftig, nicht zu schnell 16' 58"

- 4. Adagietto. Sehr langsam 9' 42"

- 5. Rondo-Finale. Allegro 14' 53"





 
Chicago Symphony Orchestra
Georg Solti, conductor
 






Luogo e data di registrazione
Musikverein, Vienna (Austria) - 30 novembre 1990


Registrazione: live / studio
live recording


Producer
Michael Haas


Tape editor
Matthew Hutchinson


Art direction

Jeremy Tilston

Prima Edizione LP
-


Edizione CD
Decca | 433 329-2 | (1 CD) | durata 69' 29" | (c) 1991 | DDD

Note
This recording was made using B&W Loudspeakers














Nel 1897 Mahler fu nominato direttore dell'Opera di Vienna. Questo ritorno alla città dove aveva atudiato (e dalla quale, diciassette anni prima, era partito per una carrira nella lirica, in qualità di direttore d'orchestra) rappresentava per lui, dichiaratosi cittadino senza radici, un vero e proprio ritorno a casa, un'esperienza ricca d'emozioni. E questa nuova esperienza viennese segnò anche l'inizio d'un nuovo capitolo nella creatività di Mahler. Se infatti le sue prime Sinfonie, di forma e contenuto tutt'altro che ortodossi, erano state caratterizzate da programmi drammatici e filosofici (nonché dalla poesia e dal folklore di Des Knaben Wunderhorn), questa romantica libertà d'espressione cominciava ora a ridimensionarsi, lasciando sbocciare un genere di sinfonia di concezione molto più classica, con la Quinta, la Sesta e la Settima - tutte appartenenti al periodo di mezzo della sua attività. Queste composizioni rivelano un consapevole avvicinarsi alla tradizione sinfonica viennese, alla quale Mahler, cittadino di adozione viennese, si sentiva sempre più strettamente legato. E tramite le stesse, egli avrebbe dimostrato al mondo della musica di essere il vero e proprio erede di Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert e di Bruckner.
Nella Quinta Sinfonia, questo nuovo stile (di carattere assai più severo) si presenta già nella marcia funebre d'apertura. La morte, in questo passaggio, non è più quella di concezione puramente romantica della Quarta, bensì un fenomeno immediato, che incute il terrore. Nel febbraio del 1901 Mahler stava quasi per morire in seguito a una gravissima emorragia, e tale esperienza indubbiamente incise sul contenuto della Quinta, ch'egli iniziò a comporre appena pochi mesi dopo. Il lamento del secondo tema nei violini deriva sia dal primo canto dei Kindertotenlieder, sia dal Lieder "Der Tambourg'sell" dal Des Knaben Wunderhorn, che esprime l'ansia d'un tamburino in tenerissima età, che sta per essere giustiziato. Scisso dal contesto romantico, esso diventa una meditazione sull'universalità della morte; e la reazione spontanea di Mahler, nel selvaggio trio centrale, è quella di elevare il tono a livelli d'isterismo ciaikovskiano. Un secondo trio, di temperamento meno violento, sviluppa minuziosamente il materiale del lamento, conducendolo a un punto culminante di grande passione, contrassegnato "Klagend" (lamentoso) e, più avanti, a una chiusura di natura placata, quasi soffocata.
Il secondo tempo, l'Allegro, è praticamente uno svolgimento su grande scala del primo. La prima parte si ispira alla musica dei trii, mentre la seconda riprende la marcia funebre e, in particolare, il lamento, Occorre risalire al finale della Prima di Mahler, per ritrovare un movimento simile, di tono fortemente 'soggettivo' e di umore che è in continua trasformazione. Nel bel mezzo del movimento la musica improvvisamente si lancia in una disinvolta marcia, e, per un brevissimo istante, essa lascia trionfare il la maggiore, per poi spazzarlo via. Ma la marcia si rifà avanti, questa volta in do maggiore (la tonalità che la sinfonia intera cerca di censolidare), e finisce con lo spiegare tutte le sue forze in un corale esultante. Ancora una volta, però, il trionfo è prematuro: il corale si dissolve, e il motivo iniziale si ripresenta, per colorare la chiusura del movimento con una spettrale oscurità - ma non senza che la sinfonia abbia intanto compiuto la svolta decisiva.
Mahler impone una generosa pausa prima dello scherzo, un pederoso movimento in do maggiore - il primo, in ordine cronologico, a essere stato composto. E' in effetti una fusione complessa ed esuberante di Ländler e di valzer viennese, con una parte obbligata per il corno, il quale, oltre a condurre la danza, propone momenti di nostalgica contemplazione. Significativo è il fatto che esso rimanga uno dei rari scherzi mahleriani a non essere dotati d'un titolo ironico. "Non vi è nulla di romantico e mistico", lo sentì dire l'amica Natalie Bauer-Lechner; "è semplicemente l'espressione di un'incredibile energia. Questo è un essere umano alla piena luce del giorno, nella primavera della vita".
L'Adagietto per archi ed arpa viene suonato così spesso fuori dal contesto, che è facile non rendersi conte d'una delle sue funzioni principali: quella di introduzione al Rondò-finale. Il tema principale, di animo pensieroso, viene trasformato nel secondo episodio del Rondò in graziosa melodia da Allegro. All'inizio del Finale il corno si impossessa dell'ultima nota dell'Adagietto, un la, e con determinazione esso spinge la musica verse il do maggiore, citando (per mezzo d'una frase del fagotto) il "Lob des hohen Verstandes" del Wunderhorn. E' come se qui Mahler fosse restio a dare l'addio al mondo del Wunderhorn. Il Rondò è uno dei più affascinanti modelli di tecnica contrappuntistica nell'opera di Mahler, frutto del suo crescente interesse per Bach, e dell'approfondito studio dello stesso. Tre volte la musica s'innalza verso uno zenit, che l'ascoltatore pensa - illudendosi - sia l'estremo punto culminante. Due volte, invece, essa recede; ma ecco che alla terza riesplode il corale del secondo tempo. E questa volta non si lascia soggiogare.
David Matthews
Traduzione DECCA 1991
Claudio Maria Perselli