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1 CD -
SMK 47 579 - (c) 1992
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1 LP -
MS 6152 - (p) 1960 |
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GUSTAV MAHLER
(1860-1911) |
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Symphony
No. 4 |
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55' 02" |
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1. Bedächting. Nicht eilen |
16' 52" |
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2. In gemächlicher Bewegung. Ohne
hast |
9' 08" |
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3. Ruhevoll |
20' 31" |
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4. Sehr behaglich (Soprano Solo:
"Wir genießen die himmlischen
Freuden") |
8' 31" |
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Reri
Grist, Soprano
(4) |
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New York
Philharmonic |
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Leonard BERNSTEIN
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Recording: St. George Hotel,
Brooklyn, New York, February 1, 1960 |
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Producer |
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John
McClure |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Prima Edizione LP |
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Columbia
"Masterworks" | MS 6152 | (1 LP) |
durata 55' 02" | (p) 1960 |
Analogico |
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The Royal Edition
CD |
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Sony
"The Royal Edition" [No. 47 of
100] | SMK 47 579 | (1 CD) |
durata 55' 02" | (c) 1992 |
ADD |
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Note |
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Cover
Painting: His Royal Highness The
Prince of Wales - Lochnagar,
Balmoral, 1990 - © A.G. Carrick
Ltd.
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QUADRI
SINFONICI FIABESCHI
Nella
produzione di Gustav Mahler
il Lied e la Sinfonia sono
legati in modo particolare.
Non solo, la quasi totalità
delle sue opere (a parte
alcuni suoi lavori
cameristici giovanili di
scarsa importanza)
appartiene a questi due
generi che influiscono l’uno
sull`altro. Spesso si
fondono, come per esempio
nella Quarta sinfonia
(completata durante un
soggiorno di vacanze a
Mayernigg nell’agosto del
1900 ed eseguita per la
prima volta il 25 novembre
1901 a Monaco): il suo
Finale è un Lied per
orchestra a sé stante, ma
anche negli altri movimenti
alle grandi forme sinfoniche
vengono amalgamati passaggi
lirici e narrativi.
La Quarta sinfonia, con la
Prima e Das Lied von der
Erde (Il Canto della
terra), è una delle
composizioni per orchestra
più amate e facilmente
accessibili di Mahler. È
stata definita
“classicheggiante” ed
effettivamente la purezza
dell’architettura e il
carattere musicale lo
confermano. Infatti essa
sfugge fino al terzo
movimento qualsiasi estremo
emotivo e ogni impeto
drammatico, così frequenti
in altri lavori mahleriani.
Il linguaggio è più
contenuto e semplice, gli
elementi strutturali sono
molto corti di massimo due o
quattro battute. Si potrebbe
definirla una sinfonia
ispirata ad una fiaba
romantica.
Il primo movimento è
costruito secondo lo schema
della forma-sonata. Mahler
però la modifica
riproponendo per esempio il
primo gruppo tematico dopo
aver esposto il secondo. In
questo modo egli accosta due
grandi modelli di tecnica
compositiva, lo sviluppo e
l'accostamento di elementi
in semplice successione.
L’intero movimento è formato
più da una serie di
componenti staccati, a volte
“attivi” altre volte
“contemplativi”, che da
grandiosi crescendi. Di
grande importanza è il
caratteristico tema iniziale
proposto (staccato) dai
flauti, leggeri e
squillanti, e dai sonagli
(chiamato dall’autore stesso
“berretto a sonagli”), ai
quali si aggiungono altri
legni con passaggi di danza.
Questo piccolo e sereno
insieme di motivi ritorna
più volte, lievemente
modificato, non solo in
questo movimento, ma anche
nel finale - un chiaro
riferimento alla forma
ciclica. Anche in altri
momenti risultano chiari -
già al primo ascolto ma
ancora di più analizzando
l'opera approfonditamente -
gli stretti legami tematici
e le affinità d’atmosfera
tra i diversi movimenti.
Mahler aveva originariamente
intitolato il primo
movimento “Il mondo come
eterno presente”. Questo
titolo, contenuto in una
precedente edizione
incompleta, ci chiarifica
uno dei problemi principali
di tutta l’interpretazione
mahleriana: si tratta di
musica assoluta cioè
simile al sinfonismo di
Schubert, Brahms e Bruckner,
o Mahler partiva da idee
extramusicali e cercava -
seguendo Berlioz e Liszt -
di realizzare musicalmente
un programma?
Cercando di rispondere a
questa domanda sia i diversi
interpreti che le
testimonianze lasciateci
dallo stesso Mahler si
contraddicono. Da numerose
sue affermazioni risulta
chiaro che molte delle sue
idee musicali erano ispirate
dalla fantasia e dalla
letteratura, ma sempre
privilegiando il sentimento
personale e favorendo fin
dall`inizio la comprensione
della composizione. Ma col
passare degli anni Mahler
evitò con sempre più
convinzione la pubblicazione
di ogni indicazione
programmatica obbligando il
pubblico a “comprendere
un’opera anche senza parole,
semplicemente e puramente
dal punto di vista
musicale”.
L’idea originaria del
secondo movimento era:
“Freund Hein spielt zum Tanz
auf" (La morte suona per il
ballo). Uno Scherzo in forma
di rondò diviso in cinque
parti, in gemächlicher
Bewegung, ohne Hast
(in movimento lento, senza
fretta), in cui prende forma
una ridda grottesca che
ricorda a rappresentazioni
medievali di danze macabre -
certamente più che a una
vera “Danse macabre”,
piuttosto a una danza
contadina, di quando in
quando stridente e
parodistica. Per la parte
del violino solista (la
morte) Mahler ha previsto,
per ottenere un suono crudo
e urlante “wie eine Fidel”
(come una viella), l'antica
prassi della “scordatura”,
in questo caso di un tono
sopra.
La descrizione “Lächeln der
heiligen Ursula” (Il sorriso
di Sant`Orsola) dello stesso
Mahler non convince
particolarmente come titolo
del terzo movimento - era,
in senso generale, un titolo
nato da una combinazione di
profonda e “sacra” serietà e
di serenità ultraterrena. Ma
una simile presentazione in
fin dei conti è tanto poco
impegnativa quanto limitata.
Questo movimento “descrive”
piuttosto una sequenza varia
e colorata e un’amalgama di
“sentimenti umani trasposti
nel sovrumano”. Anche le
indicazioni di tempo
divergono; Mahler era
dell’opinione che questo
Poco adagio potesse essere
definito anche Moderato
piuttosto che Allegro o
Presto, dato che in esso si
verificava tutto ciò: “È
l’impasto di colori che è
sempre esistito”. (Mahler
stesso considerava, secondo
i racconti degli amici,
questo movimento il “più
bell’Andante che avesse
scritto finora, anzi il più
bello in assoluto”, e il suo
amico Richard Strauss
affermava di non essere in
grado di “comporre un simile
Adagio”. Per quanto riguarda
la forma, rondò e variazioni
si mescolano; passaggi dal
carattere appassionato,
parti graziosamente
mosse e molti altri
episodi si aggiungono via
via. Lo sviluppo si dispiega
per così dire a onde tra
crescendi e interruzioni -
se si vuole una successione
di quadri di vita terrena.
Poco prima della fine
l’essenza di questo
movimento viene messo
inaspettatamente in risalto:
tutta l'orchestra si scatena
in un accellerando
(accordi d’acciaio risuonano
tra i fiati in fortissimo,
negli archi figure spezzate
in crescendo e diminuendo
oltre a rulli di timpani e
triangoli) - un grido di
gioia comune che trascende
il significato meramente
musicale e assume una
dimensione trascendentale:
per un istante le porte del
paradiso si aprono. Queste
poche battute,
indimenticabili per la loro
ostinazione, rappresentano
l’apice dell’intera
sinfonia. Compare il tema
principale del movimento
successivo a cui viene poi
dato un nome: “Das
himmlische Leben” (La Vita
celestiale).
Questo non è un vero e
proprio Finale sinfonico, ma
un Lied per soprano e
orchestra. Mahler aveva
composto la poesia, presa
dalla raccolta “Des Knaben
Wunderhorn” (Il corno magico
del fanciullo - da cui
trasse quasi la metà dei
suoi cinquanta e piu testi
di Lieder) già nel 1892 - il
titolo era allora
“Humoreske” - e l'appose poi
alla sinfonia “come una
punta che ringiovanisce”:
Qui non si tratta né di
austera teologia come nella
Seconda sinfonia, né di
profonda spiritualità come
nell’Ottava, ma al contrario
si tratta della
presentazione
dell’ultraterreno dal punto
di vista delle favole: ridde
di angeli e il paese della
cuccagna sono le due facce
di questa visione, cantata
in quattro strofe - un
felice paradiso dei bambini.
(Tanto più che Mahler
preferiva che la parte del
soprano fosse eseguita,
quando la tecnica vocale lo
permetteva, da una voce
bianca.) Si alternano
passaggi di danza, behaglich
(comodo) dei beati e
passaggi legati alla
concezione immanentistica
dell’esistenza (più mosso)
con le citazioni di cui
abbiamo già riferito (i
motivi dei sonagli) del
primo movimento. Alla fine
ritorna ancora una volta il
canto sereno degli angeli e
svanisce (pianissimo) come
un lontano sogno fiabesco.
In nessun altra sua opera
Mahler risuona così leggero,
così spensierato. Mentre
tutti gli altri finali
sinfonici sono concepiti
drammaticamente, siano essi
grandiosi e trionfanti
crescendi o melanconici e
rassegnati inabissamenti,
questa musica sembra
liberata o meglio sembra
liberarsi da ogni peso
terreno.
Volker
Scherliess
(Traduzione:
© 1992 Chiara
Calini)
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