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3 CD's
- SM3K 47 585 - (c) 1992
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2 LP's -
M2S 739 - (p) 1966 |
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3 LP's -
M3S 776 - (p) 1967 |
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1 LP - M
33532 - (p) 1975 |
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GUSTAV MAHLER
(1860-1911) |
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Compact Disc 1
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62' 02" |
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Symphony
No. 7 *
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79' 58" |
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1. Langsam (Adagio) - Allegro |
21' 01" |
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2. Machtmusik I. Allegro moderato |
16' 44" |
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3. Scherzo. Schattenhaft |
9' 41" |
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4. Machtmusik II. Andante amoroso °
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14' 36" |
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Compact Disc 2 |
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62' 22" |
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5. Rondo-Finale. Tempo I (Allegro
ordinario) - Maestoso |
17' 56" |
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Symphony
No. 9 **
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79' 48" |
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-
1. Andante comodo |
28' 25" |
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-
2. Im Tempo eines gemächlichen
Ländlers. Etwas täppisch und sehr
derb |
15' 48" |
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Compact Disc 3 |
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62' 12" |
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3. Rondo-Burleske. Allegro assai.
Sehr trotzig |
12' 36" |
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4. Adagio. Sehr langsam und noch
zurückhaltend |
22' 59" |
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"Adagio"
from Symphony No. 10 ***
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26' 28" |
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-
Andante - Adagio - Andante come
prima - |
4' 46" |
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Tempo adagio - A tempo sciolamente - |
5' 07" |
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Andante - Adagio come prima - |
5' 01" |
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-
(Andante) - (Adagio come prima) - Un
poco slentando - |
3' 13" |
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(Andante) |
1' 39" |
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(Adagio) - Non strascinando |
6' 42" |
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New York
Philharmonic
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- Raymond
Sabinsky, Mandolin ° |
Leonard
BERNSTEIN |
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Recording: Philharminc Hall, now
Avery Fisher Hall, Lincol Center, New York
City, December 14 & 15, 1965 *
|
Recording:
Philharminc Hall, now Avery Fisher
Hall, Lincol Center, New York City,
December 16, 1965 **
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Recording: 30th Sreet Studio, New
York City, April 8, 1975 *** |
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Producers |
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John
McClure |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Prima Edizione LP |
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Columbia
"Masterworks" | M2S 739 | (2 LP's)
| durata 37' 40" & 41' 55" |
(p) 1966 | Analogico (Symphony No.
7)
Columbia
"Masterworks" | M3S 776 | (3 LP's)
| durata 48' 40", 56' 55" &
51' 11" | (p) 1967 | Analogico
(Symphony No. 6 & No. 9)
Columbia "Masterworks" | M 33532
(MQ 33532 Quadraphonic) | (1 LP) |
durata 54' 34" | (p) 1975 |
Analogico (Symphony No. 19
"Adagio" & Kindertotenlieder)
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The Royal Edition
CD |
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Sony
"The Royal Edition" [No. 50 of
100] | SM3K 47 585 | (3 CD's) |
durata 62' 02", 62' 22" & 62'
12" | (c) 1992 | ADD
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Note |
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Cover
Painting: His Royal Highness The
Prince of Wales - Balmoral Castle
from Monaltrie, 1991 - © A.G.
Carrick Ltd.
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TRA
INNOVAZIONE E INDUGIO
Per la maggior
parte dei suoi contemporanei
Gustav Mahler era un
direttore d’orchestra che
inoltre componeva. Questo
fatto oggi viene spesso
dimenticato, eppure è
importante da tenere a
mente: durante la sua
attività come direttore
d`orchestra, soprattutto nel
periodo in cui fu a capo
della Hofoper di Vienna
(1897-1907), Mahler dovette
infatti limitare la sua
attività creativa ai pochi
mesi di interruzione della
stagione teatrale. La
partitura della Settima
sinfonia fu scritta durante
l’estate del 1905, nella
clausura monacale della sua
"casetta di composizione”
sulle montagne. Mahler la
compose, come riferisce sua
moglie Alma, “tutta di
getto”, dope avere già
progettato l’anno precedente
i primi schizzi.
Successivamente venne
completata anche la
strumentazione, durante
diverse fasi di lavoro.
Ancora pochi giorni prima
della prima esecuzione - che
ebbe luogo a Praga il 19
settembre 1908 sotto la
direzione personale del
compositore - Mahler era
impegnato a fare le ultime
correzioni, che furono
riportate sul materiale per
l'esecuzione da alcuni
giovani ammiratori (tra i
quali Otto Klemperer ed
Alban Berg).
Proprio questa
strumentazione merita la
nostra attenzione
particolare, poiché essa
travalica sotto diversi
aspetti le normali
consuetudini sinfoniche. Vi
sono infatti non solo
strumenti assai inusuali
come il mandolino, la
chitarra e i campanacci, che
vengono impiegati di volta
in volta per sortire degli
effetti coloristici
particolari, ma anche
all’interno delle famiglie
strumentali tradizionali
Mahler sa creare degli
effetti timbrici originali.
Già all`inizio del primo
movimento balza ad esempio
agli occhi la mescolanza del
registro grave degli archi e
quello dei legni, che
risuonano in pianissimo su
dei ritmi cupi, simili ad
una marcia funebre. Su
questo sottofondo musicale
attacca il corno tenore, il
cui timbro vellutato
contrasta in modo curioso
con la sua melodia dal
profilo netto. Mahler ama
questi effetti di
straniamento: così ad
esempio fa eseguire delle
tipiche figure in pizzicato
dagli ottoni e dei
caratteristici squilli di
fanfara dai legni - la
partitura è ricchissima di
esempi del genere. Ciò che
Mahler ottiene in tale
maniera è una particolare
differenziazione delle
figure sonore. Allo stesso
scopo servono anche le
sempre nuove combinazioni
strumentali. Si osservi
solamente con quanta varietà
risuonano gli stessi
elementi musicali: prima gli
archi con i legni, poi i
legni con gli ottoni, quindi
i fiati acuti con gli archi
gravi, e ancora i clarinetti
a cappella con le viole
divise, e così via; o si
osservi come il
proseguimento di una sezione
melodica viene realizzato da
gruppi strumentali
differenti, così che in
parte parecchi di essi
finiscono per sovrapporsi,
poi un gruppo viene a
tacere, un`altro lo
sostituisce e così via. In
tali accorgimenti si coglie
tutta la maestria della
strumentazione di Mahler.
Mahler non vuole più
solamente il timbro
orchestrale romantico, nel
quale i colori si impastano
in modo tradizionale, ma
mira al contrario ad
un`alternanza continua, ad
un assaporamento di tutte le
possibilità offerte dalla
tavolozza degli strumenti
orchestrali. In tal senso la
sua musica sembra anticipare
spesso la
"Klangfarbenmelodie" di
Schönberg o gli effetti
timbrici delle partiture di
Stravinski.
Anche da un altro punto di
vista Mahler media tra la
tradizione e il nuovo
linguaggio musicale; già
all’inizio colpisce il
continuo oscillare tra i
modi mnggiore e minore, che
è una tipica eredità
romantica. L'‘ambiguità",
lasciata intenzionalmente
sospesa in modo ambivalente,
era infatti una delle
caratteristiche del modo di
sentire romantico. Qui essa
viene però portata agli
estremi, in quanto manca a
tratti del tutto l’involucro
esteriore di un chiaro
ordinamento armonico: il
passaggio immediato da una
tonalità all’altra, le
dissonanze senza risoluzione
e le tonalità velate
costituiscono degli elementi
che lasciano presagire gia i
futuri sviluppi della
musica.
Il tema principale attacca
dopo l`introduzione ed è una
figura incalzante, alla
quale tuttavia si
contrappongono continuamente
dei momenti ritardanti, che
portano in tal modo ad
un’alternanza di spinte in
avanti e di arresti. Ad esso
fa seguito un secondo tema,
che pure inizia mit
großem Schwung (con
grande slancio), ma è poi
sempre trattenuto nuovamente
da delle fermate. Questo
continuo su e giù, questo
protendersi in avanti e
arrestarsi, condiziona in
misura decisiva il decorso
musicale del primo
movimento, sia per quanto
riguarda la successione
delle singole figure
motiviche che per quanto
riguarda le sezioni formali
di maggiori dimensioni e la
caratterizzazione musicale.
Il materiale tematico si
combina al suo interno in
delle continue varianti e
prosecuzioni e
contemporaneamente viene
organizzato così da produrre
una sorta di successione di
scene immaginaria. Non si
può dire però con certezza
se i vari fenomeni musicali
si debbano intendere come
delle azioni concrete, nel
senso della musica a
programma (in questo caso
non ci sono pervenute delle
indicazioni autografe di
Mahler), o se non
costituiscano invece una
sorta di dramma astratto,
una successione di gesti e
di azioni.
La struttura della sinfonia
nel suo complesso mostra una
suddivisione simmetrica dei
pesi; dei cinque movimenti
il primo e l'ultimo sono
strettamente legati tra loro
(non solo dal punto di vista
dell`estensione e del
carattere, ma anche per
quanto riguarda la loro
sostanza musicale), così
come il secondo e il quarto,
le due Nachtmusiken
(Notturni), nelle quali
Mahler - come riferisce sua
moglie nei suoi ricordi -
aveva davanti agli occhi
“visioni alla Eichendorff,
fontane gorgoglianti e
Romanticismo tedesco”. Esse
incorniciano a mo’ di arco
il movimento centrale, uno
Scherzo dal carattere schattenhaft
(indistinto), come recita
l’indicazione d`espressione.
Particolarmente interessante
per la costituzione di nuove
strutture formali è anche il
secondo movimento. Qui ci
troviamo di fronte a un
quadro di atmosfera
campagnola. Già l’inizio con
i suoi richiami di corno dà
l'immagine di un ampio
paesaggio montano. A ciò si
aggiungono i versi degli
uccelli e successivamente i
campanacci delle mucche.
Eppure notiamo
immediatamente che questa
musica ha ben poco a che
fare con la pura pittura
sonora, con le
raffigurazioni sinfoniche
del paesaggio (come ad
esempio nella Sinfonia
delle Alpi di Richard
Strauss). Nella struttura
formale assai elaborata -
che si articola in cinque
sezioni, alla maniera di un
libero rondò - si riuniscono
diversi elementi musicali:
sprazzi lirici e motivi di
marcia, elementi
impressionistici e voci
concrete della natura. Il
loro legame non avviene nel
senso di una narrazione
continua di quadri
differenti, ma al contrario
in maniera volutamente
artificiale, simile
addirittura ad un collage.
La seconda Nachtmusik
è uno dei pezzi più delicati
in assoluto di Mahler. La
musica inizia serena e in
un’atmosfera idillica, tanto
che verrebbe di pensare che
essa sia iniziata già
precedentemente e che noi ce
ne accorgiamo solo ora; la
figura iniziale del violino
fa infatti l'impressione
piuttosto come di una
conclusione di qualcosa di
precedente. Quest’arabesco
ritorna continuamente come
una sorta di motto e viene
interrotto da diverse strofe
di una serenata. Raramente
la musica di Mahler suona
così leggera, trasparente
come musica da camera,
adattandosi perfettamente
alla definizione Andante
amoroso o, come è scritto
più avanti, graziosissimo.
Al contrario nel Finale
vengono impiegati tutti i
registri a disposizione, non
solo con la mobilitazione di
tutte le risorse timbriche
possibili e immaginabili
(squilli di fanfare,
rimbombo di timpani e
fragore di campane) e
nell`indicazione
d`espressione con
bravura, ma anche in
un senso storicizzante:
Mahler allestisce infatti un
panorama di reminiscenze
sonore dal carattere di
citazione, procedendo ad una
sorta di compendio di tutto
ciò che nella musica può
esprimere vittoria e gioia,
tripudio e rapimento
estatico. Nella musica
sinfonica non si è avuto mai
più in seguito un simile
“finale di tripudio”.
La Nona sinfonia, già per
motivi contingenti, può
essere considerata come un
compendio della musica di
Mahler. Essa fu composta nel
1908/09 e fu eseguita per la
prima volta da Bruno Walter
nel 1912, un anno dopo la
morte di Mahler. È l’ultima
composizione che egli abbia
portato a termine.
Il fatto che Mahler si sia
voluto mettere sullo stesso
piano dei grandi sinfonisti
del XIX secolo è dimostrato
non solo dalle attese che
egli ripose nella sua opera,
ma corrisponde anche ad un
dato di fatto oggettivo. La
sua Nona sinfonia, scritta
ad un secolo di distanza da
Beethoven, riassume in un
certo senso ancora una volta
tutto ciò che ha prodotto la
storia di questo genere
musicale. Già uno sguardo
alle tonalità risulta
istruttivo: la sinfonia
inizia in re maggiore e
finisce in re bemolle, la
tonalità che nel circolo
delle quinte è in assoluto
la più distante da re. La
"distanza" è da intendersi
in questo caso tuttavia non
solo come un concetto
attinente alla teoria
musicale, ma anche in senso
metaforico; “straniamento”
potrebhe essere un’altra
definizione. Ed in effetti
qui si possono vedere le
conseguenze di quanto si era
annunciato già nella Settima
sinfonia: non vi è quasi più
per lunghi tratti una
tonalità di base che risuoni
ininterrottamente, ma la
tonalità oscilla tra
maggiore e minore e viene
continuamente messa in
discussione o elusa
intenzionalmente grazie a
dei percorsi laterali
modulanti e da delle
transizioni armoniche.
Affianco all’armonia è
soprattutto nella forma che
la musica di Mahler riprende
vecchi procedimenti e li
modifica in modo decisivo.
Il fatto che egli faccia a
meno dello schema usuale
sinfonico nella successione
dei movimenti (due movimenti
laterali lenti incorniciano
infatti due movimenti
centrali veloci dal
carattere di scherzo) era
stato già anticipato ad
esempio dalla Nona di
Bruckner e dalla Patetica di
Ciaikovski. Il fattore
decisivo è quindi la
disposizione interna dei
movimenti stessi. Qui si
vede chiaramente come i
vecchi modelli - forma
sonata, lied, rondò,
variazioni ecc. - non
bastino più. Mahler li
riunisce in nuove entità
complesse. Soprattutto però
mescola i due modelli
formali principali, il
principio dello sviluppo e
quello della disposizione in
serie, ad esempio quando
fonde la forma di lied e
quella delle variazioni con
dei passaggi di sviluppo, in
un serrato lavoro tematico e
contrappuntistico. Nel far
ciò Mahler costruisce i suoi
movimenti non più come delle
strutture che crescono
organicamente, ma al
contrario - ancora una volta
in maniera simile ad un
collage - come una unione di
singoli episodi. Ad esempio
già nel primo movimento si
nota nello stesso frangente
la compresenza, se non
addirittura molto spesso la
contrapposizione di più
eventi musicali, che
apparentemente non hanno
assolutamente nulla in
comune e che sembrano
contraddire il concetto
tradizionale dell’unità
stilistica. Sono decisive in
tal senso le parole di
Mahler al riguardo:
“scrivere una sinfonia
significa erigere un mondo
con tutti i mezzi a
disposizione”.
L'“universo”
musicale di Mahler, se è
lecito riassumere in delle
semplici formule, si può
quindi tratteggiare per
mezzo di due concetti
essenziali; da un lato vi è,
secondo la tradizione più
tipica del XIX secolo,
l’anelito di redenzione, la
concezione della musica cioè
nel senso romantico di una
religione dell’arte - come
mistica ricerca dei fini
ultimi, come espressione
della nostalgia umana e
della rivelazione divina.
Dall’altro lato però - e qui
si mostra un modo di vedere
assolutamente moderno, che
anticipa la sensibilità
delle generazioni successive
- vi è la raffigurazione
della frammentarietà e delle
lacerazioni insanabili. Le
due componenti si integrano
a vicenda: a Mahler non
interessa infatti la
simulazione di stati di
sanità, ma al contrario
l'esperienza del fallimento,
la spaccatura dell`esistenza
umana. Ma questa non è la
sua ultima parola. Al di
sopra di tutto c’è la
speranza.
Da nessuna parte ciò si vede
meglio che alla fine del
quarto movimento, un momento
che è veramente più di una
semplice conclusione in
senso formale. Si tratta
infatti della meta vera e
propria dell`intera
sinfonia. La musica risuona
sempre più sottovoce (Äußerst
langsam - ersterbend /
Molto lentamente - morendo)
e alla fine tace del tutto,
o meglio: quasi si dissolve.
“Ciò che rimane, ciò con cui
l’opera si spegne [...] è
l’ultimo suono che si
dilegua, che svanisce
lentamente su delle fermate
in pianissimo. Poi più
nulla, solo silenzio e
notte. Ma il suono che
continua a vibrare sospeso
nel silenzio, che non è più,
verso il quale solo l`anima
resta ancora in ascolto e
che era l’ultima nota
dell’afflizione, non è più
tale, muta senso e si
staglia come una luce nella
notte.” Queste parole sono
tratte dal “Doktor Faustus”
di Thomas Mann e si
riferiscono all’ultima opera
dell’eroe del suo romanzo,
Adrian Leverkühn, ma si
ispirano alla partitura di
Mahler. Che questa
interpretazione non
rappresenti affatto una
sorta di sovrapposizione
letteraria, ma che
corrisponda invece in
maniera stupenda alle vere
intenzioni di Mahler viene
sottolineato ulteriormente
anche dal fatto che Mahler
fa suonare ai violini una
propria autocitazione: quel
passaggio del quarto dei
suoi Kindertotenlieder
(Lieder per i bambini
morti), dove nel testo
poetico si dice: "Der Tag
ist schön auf jenen Höhn”
(La giornata è bella su
quelle alture). La stessa
visione commovente del
paradiso celeste aleggia
sopra il finale della Nona
sinfonia. Da qui in poi
tutti momenti precedenti di
voragini abissali, tutte le
immagini a volte macabre e
spettrali, a volte violente,
dello svanire, di lotte
mortali e di cortei funebri,
l’ansimare che pervade
l’intera sinfonia a partire
dalla prima battuta come un
tema interiore, l'ergersi e
lo sprofondare, il
naufragare e l`essere
lacerato, assumono un
significato estremo e si
trasformano in consolazione
e redenzione.
Con il frammento della
Decima sinfonia Mahler ha
lasciato ai posteri da più
punti di vista una
testimonianza misteriosa.
Mahler iniziò a lavorarvi
nell`estate del 1910 e
proseguì poi al ritorno
dalla sua tournée in America
del 1910/11, ma il suo stato
di salute non gli permise di
portare a termine il lavoro.
Il 18 maggie 1911 Mahler
morì. Ciò che a noi resta
sono cinque movimenti sotto
forma di schizzi in
particella (vale a dire
notati per lo più su quattro
pentagrammi sovrapposti, in
parte con indicazioni
relative alla
strumentazione) e l'abbozzo
della partitura del primo
movimento, un Adagio.
Tutto il materiale è stato
pubblicato come fac-simile e
chi si accinge a studiarlo
si trova di fronte ad un
documento assolutamente
commovente: da un lato è
possibile riconoscere sulla
base di cancellature,
aggiunte posteriori,
spostamenti, correzioni e
via dicendo, diverse idee
per la caratterizzazione dei
singoli movimenti e
differenti stadi di
composizione. Ma ciò che
tocca maggiormente sono
certe parole aggiunte sulla
carta, che sembrano quasi un
grido personale del
compositore, come ad esempio
nello Scherzo: “Il diavolo
balla con me. / Follia,
prendi me, il maledetto! /
annientami / così che possa
dimenticare di esistere! /
che cessi di essere / che io
muo -", qui le parole si
interrompono. Alla fine del
medesimo schizzo è scritto
in grossi caratteri sopra il
pentagramma: “Solamente tu
sai che cosa significa /
Ahimè! Ahimé! Ahimè! /
Addio, o suono delle mie
corde! / Addio / Addio /
Addio / Ahimè addio / Ah
Ah.” Ed in un altro punto,
nel mezzo degli schizzi:
“Pietà!! / O Dio! Perché mi
hai abbandonato? Sia fatta
la tua volontà." E ancora
dopo: "per te vivere! per te
morire! Almschi” (i. e. Alma
Mahler). Per quanto si potrà
mai dedurre da queste
annotazioni - scritte come
sembra in uno stato di
eccitazione febbrile - dal
punto di vista psicologico e
della genesi dell’opera,
esse resteranno in ultima
analisi per sempre un
mistero.
Per molto tempo si è
discusso circa l'eventualità
di completare questo torso.
Tutti i compositori che sono
stati ancora particolarmnte
vicini a Mahler - Arnold
Schönberg, Alban Berg, Anton
Webern e Ernst Křenek -
rifiutarono per principio
ogni tentativo, non solo a
causa di un imbarazzo
personale, quanto
soprattutto per profondo
rispetto del mistero
custodito in questi schizzi
- e che deve continuare a
essere custodito! Solo
l’Adagio è stato scritto
come un abbozzo di partitura
ed è stato anche pubblicato
nell’ambito dell’edizione
completa delle opera di
Mahler, seppure con la
riserva che non si tratta
affatto di un’opera
definitiva, ma al contrario
del testamento
personalissimo del
sinfonista Gustav Mahler.
Volker
Scherliess
(Traduzione:
© 1992 Marco
Marica)
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